Ma perché i nostri genitori ci vogliono sempre studiosi, teorici e alla ricerca del posto fisso?
Perché le sovra strutture sociali, economiche, familiari e amicali hanno sempre il sopravvento sull’istinto, la sensibilità, lo sguardo genitoriale?
Mille domande che spesso molti figli si fanno, soprattutto quelli che di creatività ne avrebbero da vendere.
Quelli che hanno spesso il prurito alle mani perché anziché essere impegnati a scrivere ed evidenziare la dispensa universitaria, dovrebbero avere qualche arnese per creare forma ed estetica, sostanza e colore.
Figli come ad esempio Caterina Zucchi, livornese che un pò di giri per il mondo li ha fatti e che per il momento ha scelto questa città come sua dimora di vita e lavorativa, forse perché si respira proprio un’aria diversa: informale, fuori dall’ordine precostituito, dei viaggiatori erranti.
Caterina ha un atteggiamento che solo apparentemente sembra da eterna arrabbiata; in realtà se hai voglia di andare più a fondo, ne capisci l’ ironia, la gentilezza, la creatività, la voglia di sperimentare oltre le tendenze e le mode.
Ma stavamo parlando della storia di Caterina.
Di una vita universitaria, facoltà Scienze Politiche, e della noia che era una delle sue più inseparabili compagne di studio.
Poi arriva, come in tutte le belle storie, qualcosa o qualcuno che ti salva e ti fa spiccare il volo; in questo caso la frequentazione di un corso di taglio vetro, nello specifico taglio lastre con assemblaggio dello stagno fuso.
E’ un trampolino di lancio verso la scoperta di quell’affascinante mondo che è ancora fortissimamente suo.
Ma non basta.
C’è sempre un’amica di un’amica di un’amica che da consigli e suggerisce di prendere informazioni su un ulteriore corso che si terrà di lì a poco a Bolzano sulle tecniche di lavorazione del vetro.
La formazione è ovvio che sia il primo passaggio.
Poi serve un fase tanto ribelle quanto necessaria se vuoi proporre al mercato il tuo stile; quella in cui tutto quello che hai appreso viene rimesso in discussione.
Per Caterina è la fase in cui la tecnica che le ha passato il maestro di Murano, la sua visione sulla produzione del vetro pieno, viene messa totalmente in discussione.
Bisogna aprire un negozio nella propria città, fare un “bagno fra i fossi di Livorno” per scrollarsi di dosso quello stile e sono anni questi di grande sperimentazione, di vetro buttato via a chili interi e tanto tanto tempo investito alla creatività.
Da lì ci sarà il passaggio da Caterina Zucchi a Studiozero – Vetro.
Lo stile di Studiozero – Vetro non è semplice; non ti lascia indifferente, o lo ami o lo odi.
Perché è figlio di una creatività che nasce da un bisogno urgente di esprimere qualcosa.
Per questo non è facile il suo stile e proprio questo le regala un posizionamento unico sul mercato.
Perché se sai che stai creando qualcosa che non è necessario, che lo fai perché ti piace, che se non vi è subito il successo, ti guardi allo specchio con serenità e ti dici “vabbè pace, applicherò dei correttivi e miglioreremo”, beh questa sembra proprio essere la strada verso un’affermazione matura e consapevole.
Ovvio che il Marketing è altro.
Ovvio che i grandi numeri si fanno (generalmente) con un altro approccio.
Ma è altrettanto vero che così si scrive uno Storytelling unico, reale, non costruito a tavolino su un paio di concetti di brand identity, ma sulla propria pelle, sul proprio carattere, sul proprio essere dannatamente unici, diversi, spesso contro corrente.
Immaginati la creatività.
Hai chiuso gli occhi?
Bene, forse avrai visto un concetto elevato, magari aereo.
Riapri gli occhi e poi richiudili nuovamente pensando all’urgenza.
Questa volta il tuo pensiero sarà più basso, immaginandoti qualcosa di veloce, materiale, necessario.
Unendole insieme otterrai l’equilibrio.
Ora fai la stessa cosa pensando dapprima all’aria e poi alla produzione vera e propria del vetro.
La prima ti porterà ad elevarti, la seconda ti spingerà verso il basso.
Insieme è equilibrio.
Come la creatività che è urgenza.
In questo equilibrio, Caterina nel suo laboratorio di Studiozero – Vetro, lavora con le sue complici e compagni di lavoro più fidate: il soffio (aria), la forza di gravità e la rotazione.
E’ un gioco, una danza, un movimento armonico, di gesti infiniti, apparentemente simili, ma in realtà sempre unici.
Non ci sono stampi, solo la visione di una forma che prenderà vita dalla vita, dove il respiro, che è un movimento involontario e atavico della nostra esistenza, sarà l’indiscusso protagonista.
Ma non è solo una questione di sostanza.
Con quel soffio Caterina ha donato l’anima al suo gioiello in vetro; sembra non esserci, ma se guardi bene, all’interno di quei vetri trasparenti, verdi, rossi, maculati, astratti, blu, precisi o informi, vedrai le singole sfaccettature della sua anima che ora diventano le tue: forza, tenacia, ironia, orgoglio, equilibrio, carattere.
Sei pronto per indossarle?
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